“25 gennaio 2002, 6 ottobre 2003, 9 ottobre 2015, sono le date in cui sono scomparsi prima mia madre, poi mio padre e solo pochi giorni fa mia sorella.
Il nemico contro cui ha combattuto tutta la mia famiglia è uno solo e ha un nome molto noto: tumore. Sono convinto che non esiste nessuna età per andarsene e nessuna età per ammalarsi, ma morire a 47 anni i miei genitori e 37 anni mia sorella, qualche preoccupazione per me e per l’ unica sorella che ho sia lecita.
Premetto che non ho nessuna intenzione di dare colpe o cercare colpevoli in quello che desidero raccontare.
La mia storia inizia nel 1990 quando mio papà decide di trasferirsi nella casa di proprietà del suo papà nella periferia di Montefalcione, un paesino di 3500 abitanti della provincia di Avellino. Ci trasferiamo in Contrada Stazione, zona che prende il nome dallo scalo ferroviario della tratta Avellino Rocchetta S. Antonio da qualche anno dismessa.
Dal 1999 la vita della mia famiglia subisce uno stravolgimento: viene diagnosticato il tumore alla mammella a mia madre, l’ anno successivo il tumore al colon a mio padre, nel 2011 il tumore alla mammella a mia sorella.
Negli anni a venire dalla morte di mio padre avvenuta nel 2003 sono molti i casi di malattia di ogni genere che interessano la Contrada, che racchiude una popolazione di un centinaio di abitanti. Tutti hanno sempre temuto che ci possa essere un nesso fra le malattie e la zona dove viviamo, ma sono sempre stati solo sospetti.
Nell’ estate del 2012 accade qualcosa: un incendio dalla natura ignota nell’ area adiacente allo scalo ferroviario portò dei cattivi odori per la zona per oltre due giorni e richiese più volte l’ intervento dei vigili del fuoco. Quello che non riuscivano a spegnere erano le traversine di legno, quelle usate per tenere insieme i binari, che erano alcune sepolte, alcune abbandonate nelle sterpaglie andate a fuoco.
Preoccupati da quello che era accaduto alcuni cittadini raccolsero delle firme per una petizione popolare per sollecitare le autorità a salvaguardia della salute della popolazione ed intervenire dove ce ne fosse bisogno. Dopo numerosi solleciti, richieste ed insistenze, gli organismi preposti hanno certificato che la zona di proprietà delle Ferrovie dello Stato non è soggetta ad inquinamento del sottosuolo.
In questi anni sono numerose le testimonianze delle persone che vivono nella zona da oltre 50 anni che raccontano che del materiale ferroviario di diversa natura probabilmente è stato depositato nel sottosuolo.
Alla luce di tutti questi avvenimenti qualche dubbio e perplessità mi viene da porre: quanti casi ci vogliono affinché ci sia l’ intervento delle istituzioni a tutela della salute dei cittadini? Occorre una petizione popolare per far sì qualcuno si interessi? Si deve arrivare per forza alla morte per aspettarsi l’ intervento dello Stato? Ma soprattutto: sono uno scemo a pensare ed aspettare che un giorno qualcuno mi dica che l’ aria che respiro e l’ acqua che bevo sono come madre natura ce le ha donate o morirò anche io nel sospetto? Qualcuno mi darà delle garanzie che in questo luogo posso continuare a viverci?” (Giuseppe Musto).